014. Los Angeles (Riots and some)
Il nocciolo dell’episodio (qui nella sua versione audio) è forse tutto qui.
Il 3 Marzo 1991, Rodney Glen King viene fermato per apparente guida in stato di ebrezza. Il blocco finisce con l’utilizzo del taser sul tassista e la convinzione del tutto personale delle forze dell’ordine che l’uomo fosse sotto l’effetto di stupefacenti.
Da qui un pestaggio. Ma lì alcuni cineoperatori documentano tutto e inviano il materiale alle tv.
Los Angeles non ci sta.
Così come non c’è stato Ice Cube quando viene alla luce il fatto che Eazy-E ha firmato una clausola nel contratto con la Ruthless che gli garantisce una porzione dei diritti di pubblicazione della musica derivati dal lavoro di gruppo. Solo a lui.
Non ci sta Sister Souljah che interpellata dal Washington Post rilascia dichiarazioni al vetriolo che fanno spazientire anche l’allora candidato alla Presidenza Bill Clinton.
Los Angeles turbolenta, certo, parte pulsante della California che come descrivono benissimo Luciana Grosso e McMusa nella loro States sempre qui su Substack ha esponenti letterari di assoluto rilievo come Anthony Veasna So oppure Tommy Orange chiudendo il cerchio con questa frase:
Come promesso, però, ti saluto rimandandoti a lui: il rap è la più folgorante letteratura dell’attuale California. E infatti il Pulitzer l’ha già vinto a 30 anni, nel 2017.
Già, Kendrick Lamar.
Di lui parlerò più avanti (non troppo avanti, promesso) e intanto ne stanno parlando tutti. Qualcuno con cognizione di causa qualcuno solo per imbrattare le timeline dei social, ma di fatto lui è stato scelto come artista per la classica performance nell’intervallo del prossimo Super Bowl.
Qualcuno può obiettare, in un eccesso di zelo, che Lamar è californiano, lui non appartiene a New Orleans, quindi ci sarebbe voluto un rapper di New Orleans.
La penso in maniera diversa. Per quale motivo si dovrebbe tornare a confinare l’hip hop all’interno delle proprie micro sfere locali quando da oltre 40 anni questa cultura è diventata globale? Ci fa comodo solo tirare fuori questa tiritera se le scelte non corrispondono ai nostri gusti? Ci fa comodo prendere le parti di rapper che non sono dei performer, che avrebbero compromesso “lo show” in nome di una nuova e sottile ghettizzazione della cultura e del genere?
Forse è meglio prendere coscienza che essendo questa la prima volta che un rapper da solo venga chiamato a rappresentare la musica al Super Bowl (evento sportivo mondiale) sia necessario presentarsi con il vestito migliore e al massimo della forma? E per rispondere a questa domanda, quale performer oggi potrebbe reggere un palco e uno spazio del genere restando dentro la cultura hip hop?
Chiunque ti stia dicendo che Kendrick Lamar è stato scelto perché tutto il mondo ce l’ha con un tizio canadese con cui Lamar ha “litigato” o è un troll o semplicemente ignora tutto quello che è stato fatto da un artista. Lascialo perdere, goditi la musica.